Cultura

Nel 1130 nel Regno di Sicilia veniva istituito il primo Parlamento del mondo

Il Parlamento Siciliano per i suoi poteri deliberativi era ed è, a giusta ragione considerato, uno dei parlamenti più antichi al mondo, se non addirittura il primo. Era articolato in tre rami: feudale, ecclesiastico e demaniale.

La corte dell’imperatore Federico II a Palermo – Arthur von Ramberg, olio su tela 1865 – Pubblico dominio, Wikimedia Commons

Il ramo feudale era costituito dai nobili che erano a capo di contee e baronie, il ramo ecclesiastico era formato da arcivescovi, vescovi e abati, mentre il ramo demaniale era formato dai rappresentanti delle 42 grandi città demaniali esistenti in Sicilia.

Non aveva funzioni deliberative ma si limitava solamente a ratificare le decisioni del re con una semplice funzione consultiva soprattutto quando le decisioni riguardavano scelte economiche, tasse ecc. Chiaramente i deputati erano scelti tra chi deteneva il potere, tra i nobili più influenti. Dobbiamo risalire al 1130, per parlare di parlamento in senso moderno, quando Ruggero II convocò, a Palermo, nel Palazzo dei Normanni ” le Curiae Generales” e proclamò il Regno di Sicilia.

Passo successivo, e di grande cambiamento, fu la partecipazione al parlamento, pur se limitata, di alcuni rappresentanti della società civile. Poteri e compiti del Parlamento erano l’elezione del re e l’attenta vigilanza sullo svolgimento della giustizia ordinaria esercitata da giustizieri, giudici, notai e dagli altri ufficiali del regno. A Taormina, al palazzo Corvaja, alla presenza della regina Bianca di Navarra, il parlamento siciliano, nel 1410, tenne una storica seduta per l’elezione del re di Sicilia e nel 1446 ancora a Castello Ursino si svolse una seduta con Alfonso V d’Aragona.

Ma successivamente la Sicilia perse la sua autonomia politica e fu governata da un viceré che era affiancato da un presidente del Regno durante le sedute del parlamento. Bisogna aspettare il 1532 quando Carlo V convocò, a Palazzo Reale di Palermo, il parlamento che continuò a riunirsi anche sotto Filippo II, conservando una sua autorevole autonomia nei confronti del viceré.

Nel 1637 il Presidente del Regno Luigi Moncada, Duca di Montalto, fece affrescare da insigni artisti, la sala adibita fino ad allora a deposito delle munizioni, che divenne sala delle udienze estive del Parlamento.

E così passo dopo passo si giunse al luglio del 1812, quando il Parlamento siciliano, riunito in seduta straordinaria, promulgò la costituzione siciliana con la quale fu abolita la feudalità in Sicilia ed approvò una profonda riforma delle istituzioni. La nuova Costituzione prevedeva un parlamento bicamerale, formato da una Camera dei Comuni, composta da rappresentanti del popolo, con carica elettiva, e una Camera dei Pari, costituita da ecclesiastici, militari ed aristocratici con carica vitalizia e di nomina regia. Le due camere, convocate dal sovrano almeno una volta l’anno, detenevano il potere legislativo, ma il re continuava ad esercitare il potere di veto sulle leggi del parlamento. Il re aveva potere esecutivo mentre il potere giudiziario era esercitato da giudici che nella forma dovevano essere indipendenti, ma in realtà subivano le decisioni del re.

Fu Ferdinando IV che con il trattato di Vienna del 1815, tornò a Napoli, abolì la costituzione, riunì i due regni, proclamandosi Ferdinando I re delle Due Sicilie, cancellando in un colpo solo tutti i passi finora fatti, abolendo costituzione e parlamento siciliano. Con i Borboni la Sicilia così si ritrovò governata da Napoli; con i successivi moti del giugno 1820 fu riaperto il parlamento, ripristinata la costituzione siciliana del 1812 e venne proclamato un governo che durò, però, pochi mesi.

Bisogna aspettare la rivoluzione del 1848, che consentì alla Sicilia di riacquistare la sua centralità. A Palermo infatti, il 25 marzo del 1848 si riuniva il “Parlamento generale di Sicilia” con un governo rivoluzionario costituito da un presidente e dai ministri che eleggeva lui stesso. E’ di quella data l’elezione, a presidente del Parlamento, di Vincenzo Fardella di Torrearsa mentre Ruggero Settimo venne posto a capo del governo. Si dichiarò decaduta la dinastia borbonica, proclamato il Regno di Sicilia come monarchia costituzionale, e si offrì il trono vacante di Sicilia al Duca di Genova Alberto Amedeo di Savoia, che non accettò.

Il 10 luglio dello stesso anno il parlamento decretò una nuova costituzione, sopprimendo anche la Camera dei Pari del Regno di Sicilia, ma la vita del neo Parlamento durò 15 mesi, perché, con il cosiddetto “decreto di Gaeta” del 28 febbraio 1849, Ferdinando II di Borbone riprese possesso della Sicilia. Bisogna aspettare la fine della seconda guerra mondiale per la Costituzione del Parlamento Siciliano, quando, nel febbraio del 1945 la Consulta regionale siciliana elaborò uno statuto speciale, promulgato dal Re Umberto II con R.D. del 15 maggio 1946 che accettò lo Statuto Siciliano.

Dopo le elezioni regionali del 30 aprile 1947, il 25 maggio 1947, nacque un Parlamento Siciliano con funzione di “Assemblea Regionale Siciliana” con una forma giuridica decisamente diversa.

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